Il campo per famiglie zingare di Auschwitz Birkenau era stato aperto tra la fine di febbraio e i primi giorni di marzo del 1943; circondato da filo spinato ad alta tensione, comprendeva trentadue baracche, due blocchi destinati a cucina e quattro edifici in muratura con i bagni e le latrine. Fra il 1943 e il 1944 accolse 21.000 deportati, uomini, donne e bambini. Circa 2.000 zingari, sospettati di avere contratto il tifo petecchiale, non vennero mai registrati e, subito dopo il loro arrivo, finirono nella camera a gas. L’ordinanza di arresto e di deportazione era stata emessa da Himmler in persona il 16 dicembre 1942 e trasmessa a tutti i distaccamenti della polizia criminale il 29 gennaio 1943. In essa era previsto il trasferimento immediato di meticci zingari, zingari Rom e tribù zingare di origine balcanica, anche di sangue tedesco, verso il lager di Auschwitz.
E si aggiungeva: «per quanto possibile, si trasferiranno nel campo famiglie intere, compresi i figli non ancora autonomi economicamente». All’ arrivo al campo, gli zingari non venivano sottoposti a selezione, come accadeva agli ebrei; destinati subito alle loro baracche, con il necessario per i bisogni quotidiani, i deportati venivano rasati a zero e registrati con l’assegnazione di un numero di serie preceduto dalla lettera Z, che stava per Zigeuner (zingaro). Apparve evidente che, a causa delle condizioni di vita di Birkenau, non era possibile nutrire in modo adeguato bambini e adolescenti. Inoltre, fin da subito il sovraffollamento delle baracche costituì un problema che ridusse la speranza di vita degli internati. Passò la notte. All’alba, come accadeva nei vari settori del campo, anche nel lager per famiglie zingare ripresero le normali attività giornaliere, dopo un riposo pieno di disagi e incubi. Rom, più provato del giorno precedente dalla fame e dalla stanchezza, bevve rapidamente la brodaglia nera prevista per il pasto del mattino, mise nella tasca della giubba i suoi 300 grammi di pane nero, fatto con tanta segatura e poca farina, e si trascinò con il carretto delle ceneri al crematorio 4. Quando vide Filip, il prigioniero del Sonderkommando 9 che al solito gli riempiva il carretto, intuì che tra gli uomini della squadra speciale c’era agitazione. Una bambina si era salvata dall’ultima infornata di ebrei ungheresi nella camera a gas, e ora tutti volevano sottrarla alla morte e cercarle un rifugio. ” È un segno del destino”disse Filip a Rom. Miracolosamente viva, e non sappiamo nemmeno noi come sia potuto accadere.
Il veleno delle camere è micidiale…” “Che cosa hai in mente?” chiese Rom mentre portava a spalle i sacchi di cenere vicino al suo carretto. “Se la scoprono, niente può salvarle la vita.” “Qui da noi non può restare. Le ispezioni sono continue e se la nascondiamo dietro i sacchi di capelli o i vestiti, può farla franca per qualche giorno. Inoltre è piccola e spaventata. Devi riuscire a portarla alla tua baracca… In giro si dice che il campo per famiglie zingare ha più probabilità di altri di sfuggire alla distruzione, inoltre da voi ci sono altri bambini. Una in più non darà nell’occhio”. “Ma…” disse Rom, balbettando, perché voleva ricordare a Filip che il settore di baracche degli zingari, dove tornava al tramonto, era infestato di malattie epidemiche. “Stanotte abbiamo pensato a tutto. Capisci, Rom, questo è un miracolo… Molti di noi avevano le lacrime agli occhi.
Per il numero di registrazione il problema è risolto: le abbiamo procurato la divisa di una zingara morta due giorni fa e io le ho fatto il tatuaggio… quanto al cibo che scarseggia, sappi che la nostra piccola non sarà di peso a nessuno di voi. Ogni giorno, vi daremo il necessario per lei”. Rom, travolto dall’entusiasmo di Filip, non chiese più niente se non di essere informato del loro piano per il trasporto della bambina al suo settore del campo. “Ascolta. Verso l’imbrunire torna da queste parti per l’ultimo giro di ceneri. Abbiamo pensato di nasconderla in un sacco… e tu avrai l’accortezza di concludere lo scarico del carretto sulla strada che conduce al campo zingaro. “D’accordo” disse Rom commosso. “Ti servirà una buona dose di fortuna. Se ti trovano, morirete tutti e due!” Rom alzò le spalle e trascinò il carretto verso la rampa di scarico. Alla sua età non sapeva ancora bene cosa fosse la morte, ma certo aveva fatto esperienza dell’ amore e della sofferenza. La piccola tratta in salvo, rimase in vita con Rom e tutta la sua famiglia, finché i nazisti non decisero di dare inizio alla graduale liquidazione del campo per zingari. Dei 21.000 internati, ne erano rimasti poco meno di 3.000. Ecco come racconta il fatto Jerzay Ficowski, un testimone sopravvissuto: Il 10 agosto I944, alle ore 20, i nazisti cominciarono l’azione di annientamento di tutta la popolazione zingara presente nel lager di Birkenau. La gente venne caricata su dei camion e portata alle camere a gas del crematorio 5. I camion, tre ore dopo, passarono anche dall’ospedale per caricare anche gli ammalati: cinquantasessanta zingari su ogni automezzo. Poco dopo la mezzanotte l’azione venne portata a termine. Per sterminare la popolazione zingara, furono sufficienti due forni crematori.
I campi di concentramento costituivano un elemento fondamentale del sistema di dominazione nazista. Ne furono aperti migliaia con funzioni diverse: campi di transito, campi di rieducazione, campi di lavoro coatto, campi di sterminio eccetera. All’inizio, il maggior numero di internati fu costituito dai politici di varia estrazione che si opponevano al regime di Rider, poi la maggioranza della popolazione di detenuti fu costituita dagli ebrei. Tuttavia, anche i prigionieri di guerra russi e gli zingari rappresentarono un folto contingente di vittime del sistema concentrazionario nazista. In particolare gli zingari cominciarono a venire internati nel 1938 a Buchenwald, in Turingia, nei pressi di Erfurt. Toccò a 2.000 zingari, considerati «asociali» fare le spese della prima grande retata della Gestapo ai loro danni. Questi arresti vennero effettuati in base al decreto sul lavoro regolare. Ancora nell’estate del 1938 circa 1.500 zingari vennero deportati a Dachau e già alla fine dell’inverno del 1939 più di un terzo di loro erano morti. A Ravensbruck, invece, vennero internate 440 donne zingare a partire dal 29 giugno del 1939, ma si calcola che le zingare internate in quel campo siano state almeno 5.000. In ogni caso, gli zingari venivano considerati «asociali» e portavano sulla divisa il triangolo nero. Ad Auschwitz, fu invece istituito un vero e proprio campo per famiglie zingare, che rimase aperto per poco più di un anno e mezzo e dove persero la vita a causa di malattie, fame, esperimenti medici e azioni di distruzione a mezzo gas quasi 21.000 tra bambini, ragazzi, uomini e donne zingari. Molti altri campi di concentramento ebbero baracche destinati agli zingari Mauthausen, dove vennero rinchiusi nel blocco n. 6; Chelmno, Lackenbach in Austria eccetera. In complesso, si calcola che circa 500.000 persone appartenenti alle diverse tribù zingare persero la vita nell’Europa a dominazione nazista: parte nei campi di concentramento e sterminio, e in quantità assai maggiore nelle esecuzioni di massa che avvenivano nei territori occcupati a opera delle SS, della Wehrmacht e degli Einsatz. gruppen. Ancora oggi, il numero esatto degli zingari uccisi sotto la dittatura nazista non è stato rilevato. La stima proposta è per difetto.